Il dolce tipico di Bordeaux

Marzo 14, 2020.Marco Tonelli.0 Likes.0 Comments

Il nome del dolce tipico di Bordeaux si può scrivere con una o due elle. La piccola variazione linguistica la ritroviamo anche rispetto alla consistenza; vero pregio di questo dolce. La forbice va dal croccantino al morbido. Uscendo dai canoni i dolcetti tipici di Bordeaux possono tuttavia fare scherzetti poco divertenti.

Se il croccante si trasforma in scrocchiarello –lo so, non è italiano ma rende l’idea- è dovuto anche a cottura troppo prolungata. La morbidezza poi si può addirittura spingere fino al ‘cingommoso’. Una consistenza, quest’ultima, che non solo si attacca al lavoro del tuo dentista –come diceva un vecchio spot tv- ma rischia di portarsi via provvisori e otturazioni già al primo morso. Quando è buono però questo dolce tipico di Bordeaux, il canelé, ha davvero pochi rivali.

La sua semplicità sa coinvolgere da subito il fattore masticazione, sempre più essenziale, almeno per me, in un mondo di morbidezze zuccherine come mousse e bavaresi. Poi il gusto: immediato, diretto, anche perché dettato dalla necessità. Il merito va alle monache di un convento che si arrangiarono al fine di realizzare qualcosa di buono. Bordeaux, città portuale di una certa grandezza, qualcosa offrì in quanto a farina, zucchero, burro, spezie (vaniglia) ed altri esotismi come il rum. Le uova e in special modo i rossi? Arrivano dal vino. No, non ho bevuto il rum destinato ai canelé. Sappiate tuttavia che negli châteaux si utilizza ancora oggi il bianco d’uovo per chiarificare il vino.

Mancano ancora due elementi essenziali alla preparazione di questo dolce: il tempo e lo stampo scanalato di rame che gli dà il nome. Se volete fare a casa i canelé sappiate che  tutto comincia facendo bollire il latte, dopo averci messo in infusione una stecca di vaniglia. Scordatevi l’essenza e non prenderei in considerazione neanche la bacca di varietà Tahiti: rarissima, delicatissima in quanto ad aroma e costosissima (siamo a 4000 dollari al Kg). Il bacello di origine messicana va benone, perché ha grinta e non s’impazzisce per trovarlo.

Si mescola il tutto, la sequenza la trovate facilmente online e poi si lascia riposare sino al giorno successivo; retaggio di tempi in cui la velocità non era un valore così assoluto. Lo stampino di rame oltre al nome è fondamentale per la cottura, determinando la crosticina tipica del canelé. Per non impazzire nel farli o nel cercarli, si possono anche ordinare online, vi suggerisco quelli prodotti da due marchi diffusi, ma in grado di produrre canelé più che buoni. Per chi amasse la morbidezza con un tocco più di rum ecco quelli di Baillardran, mentre chi preferisse i più ‘crunchosi’ ecco quelli di Le Toque Cuivrée (www.la-toque-cuivree.fr).

Volete sapere quali sono però i migliori in assoluto? Purtroppo non c’è risposta, perché per il canelé vale –per un bolognese come me- il principio del tortellino: quelli di casa propria non si battono.

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