Sommelier e Bordeaux: Francesco Cioria

 

Per il nuovo appuntamento Sommelier e Bordeaux, ecco la mia chiacchierata con Francesco Cioria, sommelier del Ristorante San Domenico di Imola. Un locale di una località abbastanza vicina alla mia città: Bologna. Imola è famosa per due cose: il gran premio di Formula 1, da anni però ai fermo ai box, perché preferito dal circus a tappe più esotiche, e più remunerative, ma anche per questo ristorante. Non un posto qualunque visto che ha all’attivo, per giunta da decenni, due stelle Michelin. La cucina e l’atmosfera che qui si respira la definirei ‘di casa’. Il personale di sala e l’ambiente non mette soggezione e i piatti sanno mettere a proprio agio qualsiasi palato. Il gourmet ci torna volentieri e l’appassionato di junk food, può rinsavire. La cucina o per meglio dire la linea di cucina, all’inizio fu concepita anche grazie a Nino Bergese. Oggi si chiamerebbe consulente, anche se oltre ad avere un proprio locale in Liguria, Nino Bergese fu un cuoco di casa. Non una qualunque, ma quella che sul campanello come cognome aveva: Savoia. Questo per dirvi che se è difficile accontentare un cliente, lo è ancora di più accontentare un cliente che è tutti i giorni lo stesso. Oggi il merito di tanta fedeltà ai concetti originari e originali degli esordi del ristorante vanno al cuoco che lo guida questo locale di Imola: Massimiliano Mascia.

La Cantina del Ristorante San Domenico di Imola

 

Quando si visita una cantina come quella del San Domenico i numeri non contano, visto che si tratta di emozioni e non soltanto di etichette. Qui, come detto, è il regno di Francesco Cioria, sommelier del locale. Francesco studia e stappa in Italia e all’estero e poi arriva qui nel 2011. Poi dopo una pausa sempre da sommelier in Australia, torna ad Imola. Francesco ha esperienza, savoir fare e premi che lo testimoniano. Proprio a lui chiedo un po’ del suo parere su Bordeaux, sul fatto che la voglia di questi vini stia o meno tornando e su come vadano scelti, stappati, eventualmente decantati e serviti questi vini.

Cosa pensi dei vini di Bordeaux?

 

Personalmente credo che i Bordeaux degli anni ‘70 e ‘80 siano stati per equilibrio, finezza, eleganza e longevità, tra i vini più buoni mai realizzati nell’Aquitania. Tanti Château bordolesi a cavallo del nuovo millennio hanno cambiato drasticamente stile, cercando forzatamente l’attenzione della critica a scapito dell’identità del terroir. Posso affermare che per diversi anni, nei nostri ristoranti, non si stappavano più bordeaux”.

Male, ma ora cosa è cambiato?

 

“Negli ultimissimi anni invece, per fortuna, la richiesta è tornata a salire”. Forse il merito sta, aggiungo io, nel fatto che il ristorante ha moltissime vecchie annate, caratterizzate da un grado alcolico contenuto da un corpo alle volte tanto sottile, ma presente, da reggere anche il pesce. Strappo un esempio a Francesco: “Château Lafite 1969 con cappasanta scottata, riduzione di ostriche e Martini, piccola annata grande goduria”. “Se fosse per me aprirei solo vecchie e vecchissime annate di bordeaux. Come dicevo ogni bottiglia degli anni ‘60 e ‘70 mi regala sempre grandi emozioni. Penso alla 1961, alla ‘70, alla ‘75, alla ’78, grandi annate che evolvono come pochissimi altri vini. Ecco la grandezza dei Bordeaux. Per quanto riguarda gli anni ’80 e ’90, le annate importanti, invece aspetterei. Aprirei piuttosto le annate del nuovo millennio, tipo la 2000, 2001, 2003 la mitica 2005. Secondo me questi vini hanno già raggiunto una maturità tale da poter essere apprezzati.

Come scegliere una vecchia bottiglia di Bordeaux

Sarà capitato in un’enoteca, in un locale d’incrociare una bottiglia diciamo vecchia, ma solo per convenzione perché se mi leggete saprete che stiamo parlando dei vini generalmente più longevi al mondo. Come ci si comporta in questi casi? Che valutazioni si possono fare a bottiglia chiusa? “Molte volte mi sono trovato davanti a vecchie bottiglie di bordeaux. Il livello, il colore, la brillantezza ci raccontano tante cose sia chiaro, ma a volte bottiglie con un livello sotto la spalla mi hanno impressionato per integrità più di altre con livello perfetto. Questo per dire che ci vuole anche un po’ di fortuna, oltre a cercare di conservare i vini nel miglior modo possibile.

Apertura bottiglie vecchie di Bordeaux

“Al lavoro utilizzo tantissimo il cavatappi a lame, ovviamente il durand va benissimo, anche se bisogna stare un po’ più attenti e avere un po’ più di praticità nell’usarlo. Il cavatappi classico è da utilizzare per le bottiglie recenti, anche per tappi molto lunghi. Alcuni produttori utilizzano tappi di altissima qualità, lunghi oltre 60 mm, in questo caso non rischiate con il cavatappi a lame potrebbe rompersi la parte inferiore del tappo, bisogna utilizzare il verme fino all’ultimo anello, anziché al penultimo come da “copione”.

Sommelier e Bordeaux, decanter sì o decanter no?

”Personalmente preferisco non decantare le vecchie annate a prescindere dall’etichetta, mi piace “ascoltare” l’evoluzione che il vino ha nel bicchiere da appena aperto a due ore dall’apertura. Ovviamente se nell’aprire la bottiglia procuriamo la rottura del tappo non ci resta invece che decantarlo e magari filtrarlo. Comunque non oltre i 60 minuti prima di berlo”.

 

Sommelier e Bordeaux quale bicchiere

 

“L’argomento bicchieri è talmente vasto che potremmo trascorrere giorni a parlare di questo. Detto ciò, per i grandi vecchi vini, consiglierei un calice non molto grande, leggero, con la parte superiore chiusa anziché aperta. Tipo il bordeaux di Zalto per esempio a mio avviso è perfetto per bordeaux anni ’70 ed ’80.

 

Grazie Francesco e se andate al San Domenico di Imola a mangiare chiedete di visitare le splendide cantine.

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