Un italiano a Château Trottevieille

Aprile 19, 2021.Marco Tonelli.1 Like.0 Comments

Valerio Mortari chi è

Valerio Mortari è un italiano a Château Trottevieille ma prima è stato un romano a Bordeaux. Non ha fatto il turista. Valerio Mortari è un italiano, la truppa è sempre più ampia, che a Bordeaux, nello specifico a Saint-Émilion, ci è andato per lavoro. Valerio lavora nel vino e, nello specifico, fa l’enologo di Château Trottevieille, Domaine de l’Eglise e Croix de Casse, questi ultimi due châteaux sono a Pomerol. Valerio gestisce gli châteaux che appartengono, sulla riva sinistra, alla famiglia Castéja.

Da Roma a Bordeaux

Dalla capitale d’Italia a quella del vino mondiale il passo, per Valerio, più che breve, è recente. Siamo infatti nel 2014 quando arriva qui dopo essersi laureato in enologia all’università della Tuscia e solo 3 anni dopo diventa enologo di 3 aziende della riva destra di proprietà della famiglia Castéja. Una famiglia con alle spalle una grande storia a Bordeaux. Durante la chiacchierata Valerio mmi racconta dello straordinario Philippe Castéja. Farne un ritratto è difficile, se lo volessi rendere davvero completo, perché monsieur Philippe è al tempo stesso négociant con il gruppo di famiglia Borie-Manoux, proprietario di châteaux, presidente del Consiglio dei Crus Classé nel 2000 e tanto altro, ma mi fermo qui per non farvi continuare a scrollare troppo, se mi leggete dal telefono.

Château Trottevieille

Per chi sostiene che a Bordeaux il terroir non sia così importante vi lascio la risposta di un italiano a Château Trottevieille. “Secondo me a Bordeaux e in particolare a Saint-Émilion, il terroir è fondamentale. Questo elemento è palpabile da parcella a parcella, con precisi riscontri aromatici delle uve che vi crescono sopra”. Il terroir di Château Trottevieille, in totale 33 ha, in realtà è più di uno, mi racconta Valerio. Un esempio è il plateau. Qui si va dal calcare puro a un mix di calcare con 30 centimetri di argilla e poi ancora calcare che va molto in profondità. Le varietà che qui si coltivano sono Cabernet Sauvignon, circa il 2% ma da piante vecchie (la percentuale bassa sulla riva destra è normale), Merlot, a fatica si arriva al 50%, ma soprattutto Cabernet Franc.

Cabernet Franc unico da Château Trottevieille

 

Questo château è davvero speciale tanto da essere classificato Premier Grand Cru Classé B secondo la classificazione, rivedibile ogni 10 anni, di Saint-Émilion. Forse uno dei segreti, in realtà mica poi così nascosti, della qualità dello château, sta nelle sue vigne di Cabernet Franc. “Si tratta di vigne che arrivano fino ad oltre 100 anni. Proprio da queste piante stiamo facendo una selezione massale che ha dato vita a un nuovo vigneto”. 2/3 di queste vecchissime piante di Cabernet Franc vanno nel primo vino, il resto sono vinificate a parte con maggiore utilizzo di legno, dando vita a circa un centinaio di bottiglie ottenute solo da queste piante. Una produzione molto piccola ma non commercializzata. Ogni tanto però qualche bottiglia viene stappata e magari ve ne parlerò a breve.

Il primo vino di Château Trottevieille

 

Al blend che caratterizza il primo vino di Château Trottevieille come detto concocrrono in prevalenza Cabernet Franc, grazie alle piante molto vecchie la media di età delle vigne si aggira comunque sugli 80 anni. “Con questa varietà il rischio è di avere un frutto molto vegetale se raccolta con molto anticipo, mentre se raccolta al momento giusto, il Cabernet Franc dona al vino complessità, potenza e carattere”. Il resto è Merlot e Cabernet Sauvignon.

Cambiamenti a Château Trottevieille raccontati da Valerio Mortari

La vinificazione è semplice, ma da poco tempo differente. “Poco prima della pandemia abbiamo deciso di sostituire le vasche di cemento risalenti agli anni ’50 con serbatoi di acciaio”. La cantina di affinamento, termoregolata naturalmente visto che si trova in profondità sotto metri e metri di calcare, ospita barrique, solo nuove, di 15 bottai diversi. Queste barrique ospitano il primo vino per circa un anno.

Consigli di Valerio Mortari

 

“Bordeaux per me non può non far parte della cultura del vino di ogni appassionato che si voglia definire tale, perché Bordeaux ha una storia incredibile con vini e aziende che sono delle vere e proprie icone”. Aggiungo che non lo dico io o Valerio, ma lo dice la storia. Questo non vuol dire che a Bordeaux è necessario provare solo i grandi, ma, come ribadisce anche Valerio, ci sono grandi aziende anche in aree meno conosciute come la Montagne di Saint-Émilion e anche a Pomerol si possono comprare grandi vini fuori dalle solite rotte. Due esempi? “Château Beauregard e Château Petit-Village”.

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