Relais de La Dominique

Château La Dominique Saint-Émilion Grand Cru

 

Relais de la Dominique 2016

89+/100

93/100 con abbinamento

 

Comune: Saint-Émilion

Annata 2016

Uvaggio: prevalenza Merlot che in alcuni casi tocca quota 100%

Legno: sì solo per un 20% della massa di cui il 50% è legno nuovo

 

Relais de la Dominique 2015

88+/100

91+/100 con abbinamento

 

Comune: Saint-Émilion

Annata 2016

Uvaggio: prevalenza Merlot che in alcuni casi tocca quota 100%

Legno: sì solo per un 20% della massa di cui il 50% è legno nuovo

 

 

Come al solito piuttosto che le percentuali da ragioniere vi descrivo il vino in tre parole

Nome del Vino

L’etichetta Relais de la Dominique prima si chiamava Saint Paul de La Dominique fino al 2009. Sia il nome dello Château sia quello del suo secondo vino fanno riferimento alla predilezione per le isole caraibiche di uno dei precedenti proprietari di Château la Dominique. Il Relais, di fatto, è la dependance della villa che invece costituisce lo Château. Oggi tuttavia Château la Dominique è maggiormente identificata dalla modernissima cantina color rosso fiammante.

Se fosse……..

Il Relais de La Dominique se fosse altro dal vino sarebbe uno swatch. L’orologio di plastica colorato? Sì, anche se in realtà lo swatch è qualcosa di più. Innanzitutto il nome. Swatch significa second watch, come in questo caso il Relais de La Dominque è il secondo vino dello château. Poi la funzione. Se per il vino è quella di abbinarsi a più cose possibili, per lo swatch l’esigenza è quella di misurare il tempo. Tutto sta nel come si fanno le cose. Per entrambi vale tuttavia la versatilità. Lo swatch sa dare un tocco casual e insolito a uno stile classico. Al tempo stesso sa rafforzare con colori e particolarità uno stile già di suo anticonformista. Il vino? Uguale. Grazie al su evidente tratto fruttato il Relais deLa Dominique sta bene con diversi stili di cucina. Da quella classica, cucinata con ingredienti non semplici come l’animella, l’abbinamento scelto da me, a quella più creativa, in cui magari la leggerezza e la rapidità di cotture ‘chiamano’ un vino diretto, casual con tanta beva e zero complicazioni gustative.

Abbinamento

Come scritto nella sezione su come giudico i vini gli abbinamenti che vi propongo sono quelli dei piatti di Bologna , la mia città, ma anche di quelli che ho provato a Bordeaux. Per l’abbinamento con il secondo vino di Château la Dominique non sono andato vicino allo château, ma dentro. Château la Dominique è la prima cantina di Bordeaux ad avere un ristorante al suo interno. Una spettacolare vetrina sopra al tetto della cantina di vinificazione. 100 coperti con cucina a vista da cui escono piatti di carne – i migliori- e pesce. Con il Relais de La Dominque vado sulla carne, o meglio su un quinto quarto: l’animella. Qui viene servita in casseruola con una salsa alla senape in grani. L’animella ha un sapore tendenzialmente dolce, lattoso, ideale per essere abbinata, come qui, con la piccantezza aromatica della senape.

 

La 2016 parte con una sensazione succosa di mora, che bilancia la parte dolce dell’animella grazie a un boost di acidità. La nota di menta e chiodo di garofano invece fanno il paio con la verve piccante della senape. Il tannino è gentile, ma serve comunque a sgrassare l’animella, anche perché qui è stata rosolata nel burro.

 

La 2015 ha molto in comune con la 2016, anche se parla a un tono di voce più alto. La parte fruttata in particolar modo è più carica, affiancando una nota succosa a una più polposa. Essendo l’animella un piatto grasso, a tratti questo eccesso di generosità fa risultare il vino meno preciso in fase di abbinamento, anche se ugualmente godurioso. Il tempo smusserà la potenza, ma la parte fruttata rischierà di mostrarsi meno fresca.

Curiosità: cosa è l’animella

Si tratta del timo, non la pianta aromatica, ma di una ghiandola salivale del vitello che l’animale perde quando diventa adulto. Dico subito che l’animella ha parecchio colesterolo, ma anche tanto gusto, dolce e non aggressivo, almeno rispetto ad altre frattaglie. Non so perché ma in Italia sono sempre più piccole di quelle che mangio all’estero. Prima di cucinarla va spurgata con acqua e aceto molto bene. Generalmente si cucina dorandola in padella.

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